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Segreto industriale e accesso agli atti: una lezione per le imprese dal Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato e i TAR ribadiscono che il segreto industriale non può limitare la trasparenza delle gare senza prove concrete. Le imprese devono documentare il know-how con rigore tecnico.

Negli ultimi mesi la giurisprudenza amministrativa ha chiarito un principio essenziale per chi partecipa a gare: la regola è la trasparenza, l’eccezione è la tutela del segreto industriale. E tuttavia quest’ultima non può essere invocata con affermazioni generiche. Le stazioni appaltanti e le imprese devono dimostrare e documentare caso per caso la sussistenza di informazioni effettivamente riservabili.
Il Consiglio di Stato (si vedano le pronunce 8257/2024 e 5547/2025) ha ribadito che non basta dichiarare che una parte dell’offerta “contiene know-how”: “È necessario che sussista un’informazione specificatamente individuata, suscettibile di sfruttamento economico, in grado di garantire un vantaggio concorrenziale all’operatore nel mercato di riferimento e che la stessa presenti effettivi e comprovabili caratteri di segretezza oggettiva. In difetto di tali comprovabili caratteri di segretezza oggettiva, nel bilanciamento dei contrapposti interessi sottesi all’accesso agli atti, la trasparenza assoluta delle gare pubbliche è principio prevalente rispetto al know-how dei singoli concorrenti (tra le tante, Consiglio di Stato sez. V, 12 novembre 2020, n. 6523)”.
Analogamente, i TAR hanno più volte affermato che l’opposizione all’ostensione deve essere motivata con elementi probatori (studi, elaborati tecnici, descrizioni puntuali) e riscontri con i criteri di cui agli articoli del codice della proprietà industriale che regolano la disciplina in materia, non con genericità che finiscono per ledere il principio di trasparenza della procedura: “è agli specifici caratteri di cui all’art. 98 del Codice della proprietà industriale che la dichiarazione “motivata e comprovata” circa l’esistenza di un segreto commerciale deve fare riferimento, non potendo, viceversa, l’operatore limitarsi a una mera e indimostrata affermazione tesa a ricomprendere certe informazioni nel patrimonio aziendale o nella peculiarità dell’offerta (cfr. TAR Piemonte, sez. II, n. 865/2024, TAR. Lombardia, Milano, sez. I, n. 145/2022, TAR Lazio, sez. I, 11 agosto 2021, n. 9363). Peraltro, è stato già osservato che generiche ed immotivate ragioni di segretezza industriale e commerciale (che per legge devono essere motivate e comprovate) appaiono difficilmente riferibili ad un settore, come quello della ristorazione, caratterizzato dalla standardizzazione delle filiere e dei contratti commerciali (cfr. ancora TAR Toscana, sez. IV, n. 1035/2024)”.
Tutto ciò ha delle ricadute inevitabili per le aziende, che sono chiamate ad azioni concrete da attuare prima della partecipazione alle gare e durante lo svolgimento dei procedimenti.
Anzitutto è vietato improvvisare: il semplice richiamo al “know-how”, come si è visto, non regge in sede giurisdizionale e le stazioni appaltanti saranno sempre più severe nel valutare le istanze di accesso e le richieste di diniego.
Occorre quindi predisporre per tempo dossier tecnici che dimostrino l’effettiva segretezza, il potenziale sfruttamento economico delle informazioni e le misure attuate per la loro tutela (in assenza di questi requisiti, infatti, la tutela di cui all’art. 98 del Codice della Proprietà Industriale non è garantita alle informazioni aziendali riservate).
Vanno altresì classificate chiaramente le parti dell’offerta che devono intendersi “riservate” allegando – se del caso – memorie tecniche e perizie/attestazioni firmate da esperti, rendendo in questo modo le eventuali eccezioni più solida.
Passando all’altro lato della barricata, invece, per combattere le strumentalizzazioni del “segreto” volte ad impedire l’accesso, è necessario chiedere alla stazione appaltante il riesame motivato dell’opposizione e, se del caso, a proporre ricorso con il supporto di esperti che mirino a smontare le possibilità di classificare la documentazione identificata dalla controparte come segreto industriale tutelabile ai sensi del Codice della Proprietà industriale.
Le pronunce recenti favoriscono un controllo rigoroso delle eccezioni alla trasparenza e dunque l’invocazione del segreto industriale nelle gare non può essere considerato un lasciapassare automatico per bloccare le istanze di accesso.
Le imprese dovranno quindi investire nella documentazione preventiva e nel supporto tecnico per motivare opportunamente le proprie richieste ed eccezioni; chi, invece, continuerà ad usare il “know-how” come scudo generico rischia di vederselo smontare in sede giudiziaria, con inevitabili conseguenze anche reputazionali.

L’articolo originale è stato pubblicato su Blastonline.it

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