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Credito d’Imposta: il MIMIT si fa braccio oberato e (dis)armato dell’Agenzia delle Entrate

L'immagine rappresenta una scritta sul vetro "Pay your tax now here"

Se da un lato MIMIT e Agenzia delle Entrate provano a fare fronte comune sulle attività di verifica, dall’altro la giurisprudenza tributaria ed amministrativa smonta tutto l’impianto costruito sull’applicazione del Manuale di Frascati al credito d’imposta ricerca e sviluppo 2015-2019

Il Decreto direttoriale del 22 luglio 2025, emanato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), nasce con l’intento dichiarato di rafforzare il coordinamento tra lo stesso Ministero e l’Agenzia delle Entrate, attraverso un meccanismo strutturato di scambio di comunicazioni, informazioni e segnalazioni. Una misura, in teoria, volta a consolidare i controlli e garantire la correttezza nell’applicazione delle agevolazioni fiscali, in particolare quelle legate al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo. In pratica, però, il decreto rischia di produrre effetti esattamente opposti rispetto alle finalità annunciate, minando alla radice il valore stesso della certificazione prevista dal legislatore.

Il cuore del problema sta proprio nel rapporto tra l’attività di certificazione e il nuovo assetto di vigilanza. La legge aveva istituito la figura del certificatore indipendente come strumento di garanzia ex ante per le imprese, fornendo loro un perimetro di certezza nell’accesso alle agevolazioni. La certificazione, nei fatti, avrebbe dovuto rappresentare una sorta di bollino di conformità che mettesse al riparo da contestazioni future. Tuttavia, il decreto del 22 luglio chiarisce le modalità di funzionamento di un meccanismo – già previsto nei precedenti atti del Ministero ma qui più chiaramente delineato nell’operatività concreta – che di fatto consente all’Agenzia delle Entrate di inviare al MIMIT segnalazioni o richieste di approfondimento sulle certificazioni per cui non è ancora decorso il termine perentorio dei 90 giorni previsto per l’efficacia della certificazione stessa.

Questo margine d’azione, apparentemente tecnico, si traduce in una sostanziale svuotamento dell’efficacia della certificazione. Se l’Agenzia può, in ogni caso ed in qualsiasi momento (avendo costante accesso al canale informativo e dunque anche alle certificazioni presentate ma non ancora definitivamente valide), attivare un canale diretto con il MIMIT per acquisire informazioni sulle richieste di certificazione e quindi sollevare dubbi, allora viene meno proprio quel valore di certezza che la certificazione dovrebbe garantire. 

Il risultato è un paradosso normativo: uno strumento pensato per semplificare viene subordinato a un meccanismo di controllo automatico in itinere o anche successivo che ne contraddice la logica e ne depotenzia l’utilità, con il rischio di sovraccaricare il MIMIT stesso di un numero di richieste di approfondimento difficilmente gestibile, soprattutto considerando le tempistiche perentorie dettate dalla normativa stessa.

Vi è un evidente tentativo di fornire all’Amministrazione Finanziaria un braccio operativo” di controllo nel merito sul credito d’imposta che il legislatore ordinario le aveva inequivocabilmente sottratto per le ragioni che sono state sopra sottolineate (oltre che in ragione dell’evidente inadeguatezza tecnica, come ben rappresentato dalla giurisprudenza tributaria). 

E tuttavia questo braccio operativo, oltre che oberato, rischia di essere comunque “disarmato”, quantomeno per i crediti d’imposta ante 2020.

Infatti, i più recenti orientamenti giurisprudenziali di merito (vedi Corte di Giustizia Tributaria della Lombardia 883 del 4 aprile 2025 e 1482 del 16 giugno 2025 e lo stesso TAR del Lazio del 29 luglio 2025) escludono la rilevanza della versione 2015 del Manuale di Frascati e dei suoi cinque criteri di novità, ritenendoli non applicabili ai progetti ante 2020 che viceversa dovrebbero essere analizzati sulla scorta della versione 2002 del medesimo Manuale, ratione temporis applicabile poiché unica norma che il legislatore dell’epoca aveva inteso richiamare. 

Tale orientamento giurisprudenziale, ormai costante, dovrebbe indurre il MIMIT a riconsiderare le Linee Guida allegate al proprio Decreto Direttoriale del 4 luglio 2024 o comunque, nelle proprie valutazioni anche sollecitate dall’Amministrazione Finanziaria, a disapplicarle nell’ipotesi di progetto di ricerca e sviluppo ante 2020 per riportarsi nell’alveo delineato dai giudici tributari e amministrativi come più aderente alla volontà del legislatore ed alle norme effettivamente applicabili.

Il decreto, che doveva rafforzare il sistema, rischia di comprometterne l’equilibrio. Trasformando la certificazione in un atto privo di effetti giuridici solidi e affidando all’apparato burocratico un carico di lavoro potenzialmente ingestibile, il MIMIT apre la strada a una nuova stagione di incertezza normativa: con l’aggravante di fondare le valutazioni che gli vengono richieste su normative unanimemente inapplicabili ai casi che gli sono sottoposti. 

Un esito che appare in evidente contrasto con gli obiettivi di semplificazione, trasparenza e fiducia promossi dal legislatore. 

L’articolo originale è stato pubblicato su Blastonline.it

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