Sarà forse ricordata dagli “apocalittici” come la notte in cui il copyright è morto. Con il lancio (in versione “invite only”) di Sora 2, l’AI di OpenAI capace di generare video, abbiamo assistito a una vera esplosione di contenuti virali, spesso basati su personaggi protetti da copyright: da ET che combatte contro Alf, fino a Peter Griffin che dialoga con SpongeBob. Un festival di parodie e contaminazioni creative che ha spinto la stessa OpenAI a introdurre – solo in corsa – filtri e limitazioni. Troppo tardi, forse volutamente.
Il New York Times l’ha descritto come una sorta di inversione del paradigma della proprietà intellettuale che, se non viene rivendicata, rende lecito l’uso di qualsiasi creazione rigenerata dall’AI. La stessa società di San Francisco nell’aggiornamento delle proprie policy ha provato a coinvolgere i detentori di copyright offrendo loro la possibilità di controllare (e monetizzare) l’uso delle proprie opere.
Un’onda che rischia di trascinare via gli autori per come li conosciamo ora. Perché la rigenerazione di video è un flusso continuo, inarrestabile, in cui reale e finzione stanno sullo stesso piano e il focus rischia di spostarsi da chi crea a chi rigenera.
Come scrive l’esperto di tecnologia, Marco Montemagno: “Sora 2 non è un errore di percorso, ma un manifesto: nel nuovo ecosistema digitale, il copyright non è più una regola, ma una variabile negoziabile. Sora 2 non ha violato il copyright: lo ha reso obsoleto”.