La Cucina Italiana dichiarata dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’Umanità: riflessioni riguardo all’essenza del Brand “Made in Italy” e alle nuove interazioni tra Impresa e Cultura.
Nel 1897 l’azienda bellunese dell’occhialeria C.E. Ferrari e Compagni comunicava con orgoglio che i suoi articoli spediti “a Nuova Yorck […] a differenza di molti dei nostri prodotti che si spacciano con marche inglesi, francesi e germaniche, portano la marca ‘made in Italy’”.
Secondo le ricerche dello storico Massimo Orlandini, come riportato da Andrea Tomasetig in un articolo su Il Sole 24 Ore del 9 novembre 2025, risulta questo il primo documento in cui compare l’espressione “Made in Italy”.
Oggi il Made in Italy è un brand di straordinaria importanza, un segno che viene apprezzato ovunque nel mondo e porta un significativo vantaggio competitivo alle nostre imprese e all’intera economia italiana.
Si studia da tempo il fenomeno del Made in Italy e in particolare ci si chiede in cosa consista la sua essenza, l’ingrediente segreto che lo rende così forte e appealing, malgrado i limiti e le lacune del nostro Paese.
La risposta più usuale è che il Made in Italy si alimenta dell’impareggiabile saper fare delle aziende italiane; la sua ragion d’essere, in altri termini, sarebbe da individuare nella eccezionale qualità dei nostri prodotti.
La mia opinione, come scrivo ormai da molti anni, è che questa risposta non sia soddisfacente: la considero corretta ma parziale, fondata ma insufficiente.
La qualità, per competere sui mercati nazionali e internazionali, certamente per le nostre imprese rappresenta una condizione necessaria, però non costituisce l’elemento che rende unico e irripetibile il Made in Italy.
Facendo leva sulle motivazioni del riconoscimento UNESCO, su recenti dichiarazioni di Massimo Montanari, non senza citare un intervento di Armando Massarenti, in un articolo sulla rivista MEMO Grandi Magazzini Culturali ribadisco la mia convinzione di fondo, già espressa anche dieci anni fa nel saggio “Italian Soul – Economia e Cultura”.
La qualità dei nostri prodotti, il saper fare delle nostre imprese sono elementi essenziali e necessari per restare competitivi sui mercati nazionali e internazionali.
Però, per innescare la magia del Made in Italy, le aziende sono chiamate ad assimilare i linguaggi e le dinamiche della nostra cultura, a sintonizzarsi con l’energia dei nostri territori e del loro patrimonio storico e artistico.
L’articolo completo è stato pubblicato su grandimagazziniculturali.it