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Rendicontazione di sostenibilità e dovere di diligenza: l’UE cambia passo

Il Parlamento europeo rivede CSRD e CS3D riducendo la platea delle imprese coinvolte e ricalibrando obblighi e tempi, nel segno della proporzionalità e della sostenibilità regolatoria

Con il voto del 16 dicembre 2025, il Parlamento europeo ha approvato una revisione sostanziale delle direttive CSRD e CS3D, ricalibrando il perimetro soggettivo, il contenuto degli obblighi e le tempistiche. L’obiettivo dell’intervento è quello di rendere la disciplina della sostenibilità d’impresa più proporzionata e coerente con la capacità operativa delle imprese.

Per la CSRD, l’obbligo di rendicontazione sociale e ambientale riguarderà solo le imprese con oltre 1.000 dipendenti e oltre 450 milioni di euro di fatturato netto annuo, con una riduzione significativa della platea dei soggetti obbligati rispetto al precedente riferimento alle grandi imprese. Le stesse soglie si applicano anche alle imprese extra UE attive nel mercato europeo.

Un elemento rilevante riguarda il rapporto con le filiere: le imprese di maggiori dimensioni non potranno trasferire gli obblighi di rendicontazione alle realtà più piccole. Le aziende sotto i 1.000 dipendenti non saranno quindi chiamate a fornire informazioni aggiuntive, se non su base volontaria. Gli obblighi risultano inoltre semplificati e la rendicontazione settoriale diventa facoltativa.

La CS3D viene invece riservata alle imprese di dimensioni molto elevate, con almeno 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato netto. Gli obblighi di due diligence sono riorientati verso un approccio maggiormente basato sul rischio e sulla disponibilità ragionevole delle informazioni.

Sul piano temporale, l’applicazione della CSRD è sospesa per gli esercizi 2025 e 2026 per le imprese che escono dal perimetro, mentre la CS3D dovrà essere recepita entro il 26 luglio 2028, con applicazione a partire da luglio 2029.

Un ulteriore elemento riguarda il quadro della responsabilità e delle sanzioni: viene meno l’armonizzazione europea della responsabilità civile, lasciando agli Stati membri la definizione dei relativi regimi, mentre resta un limite sanzionatorio comune, fissato in percentuale del fatturato mondiale.

Nonostante le modifiche intervenute abbiano stravolto l’originario assetto normativo restringendo la platea di imprese interessate, l’Unione europea conferma il perseguimento degli obiettivi ambientali e sociali sanciti dal Green Deal, attraverso un modello di sostenibilità regolatoria più selettivo e praticabile, orientato al principio di proporzionalità.

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